media Usa
per il quotidiano PUNTO.COM
Media ed elezioni Usa
NEW YORK TIMES. Picchia duro il quotidiano liberal contro Tom DeLay, potente capogruppo repubblicano texano della Camera dei rappresentanti. Tre suoi portaborse sono stati incriminati per aver ricevuto illegalmente finanziamenti da otto societa' prima delle elezioni 2002 in Texas. Potrebbe sembrare una faccenda minore, sia per un sospetto di giustizia a orologeria sia perche' riguarda una cifra di "appena" un milione e mezzo di dollari (noccioline, in confronto alle centinaia di milioni in ballo ora per le presidenziali). E invece fa bene il NY Times a sbattere il tutto in prima pagina: quel voto infatti fu determinante per far conquistare il controllo della Camera statale del Texas ai repubblicani. I quali poi hanno proceduto a cambiare i confini dei collegi elettorali per le elezioni federali in proprio favore, grazie alla famigerata pratica truffaldina del "jerrymandering". Risultato: oggi il Texas, stato tradizionalmente democratico fino al presidente Lyndon Johnson e anche dopo, e' in solide mani repubblicane.
SCHIZOFRENIA. "Sentendo parlare George Bush e John Kerry dell'Iraq negli ultimi due giorni a New York, ad appena due miglia l'uno dall'altro, viene da chiedersi se stiano parlando della stessa guerra, o anche della stessa nazione" (New York Times, prima pagina di mercoledi' 22 settembre).
E' la stessa domanda che si fanno, increduli ogni sera, gli spettatori dei canali all-news Cnn e Fox, schierati su fronti opposti (molto piu' partigiana la Fox, comunque).
DISASTRO DAN RATHER. Continua l'imbarazzo alla Cbs, dopo la bufala del suo Dan Rather sui documenti del'imboscamento del giovane Bush. Rather non da' segni di voler dimettersi, come chiede a gran voce la destra. Eppure, dopo 50 anni di onorata carriera e 23 di conduzione ininterrotta del tg principale, quello delle 18.30 (record battuto solo dal suo predecessore, Walter Cronkite), il 73enne Rather potrebbe tranquillamente pensionarsi. Come sperano in silenzio tanti suoi possibili successori, alla Cbs e fuori. Ma non ora, sull'onda dell'onta, ribattono in Cbs.
Quella di Rather pero' rischia di trasformarsi in un'imbarazzante agonia. Jon Stewart, il comico del canale Comedy Central fresco di premio Emmy (l'Oscar tv) che prende in giro ogni sera alle 23 la prosopopea di certi "monumenti" del giornalismo, martedi' ha scherzato crudelmente sull'attempata star della Cbs. Dialogo con un suo sconclusionato 'esperto': "Dopo il falso di Rather Cronkite si rivolta nella tomba" "Ma Cronkite e' ancora vivo!" "No, e' morto" "E quali sarebbero le sue fonti?" "Ma la Cbs, naturalmente..."
Tempesta anche fra Rather e i suoi vecchi colleghi ultrasettuagenari Morley Safer e Mike Wallace di "60 Minutes", che e' il programma giornalistico tv piu' visto d'America: ogni domenica alle 19 una quindicina di milioni di aficionados incollati al video. "I nostri standard non avrebbero permesso un infortunio del genere", ha commentato acido Safer. La bufala infatti e' andata in onda nel "60 Minutes" del mercoledi', proprieta' privata di Rather.
Media ed elezioni Usa
NEW YORK TIMES. Picchia duro il quotidiano liberal contro Tom DeLay, potente capogruppo repubblicano texano della Camera dei rappresentanti. Tre suoi portaborse sono stati incriminati per aver ricevuto illegalmente finanziamenti da otto societa' prima delle elezioni 2002 in Texas. Potrebbe sembrare una faccenda minore, sia per un sospetto di giustizia a orologeria sia perche' riguarda una cifra di "appena" un milione e mezzo di dollari (noccioline, in confronto alle centinaia di milioni in ballo ora per le presidenziali). E invece fa bene il NY Times a sbattere il tutto in prima pagina: quel voto infatti fu determinante per far conquistare il controllo della Camera statale del Texas ai repubblicani. I quali poi hanno proceduto a cambiare i confini dei collegi elettorali per le elezioni federali in proprio favore, grazie alla famigerata pratica truffaldina del "jerrymandering". Risultato: oggi il Texas, stato tradizionalmente democratico fino al presidente Lyndon Johnson e anche dopo, e' in solide mani repubblicane.
SCHIZOFRENIA. "Sentendo parlare George Bush e John Kerry dell'Iraq negli ultimi due giorni a New York, ad appena due miglia l'uno dall'altro, viene da chiedersi se stiano parlando della stessa guerra, o anche della stessa nazione" (New York Times, prima pagina di mercoledi' 22 settembre).
E' la stessa domanda che si fanno, increduli ogni sera, gli spettatori dei canali all-news Cnn e Fox, schierati su fronti opposti (molto piu' partigiana la Fox, comunque).
DISASTRO DAN RATHER. Continua l'imbarazzo alla Cbs, dopo la bufala del suo Dan Rather sui documenti del'imboscamento del giovane Bush. Rather non da' segni di voler dimettersi, come chiede a gran voce la destra. Eppure, dopo 50 anni di onorata carriera e 23 di conduzione ininterrotta del tg principale, quello delle 18.30 (record battuto solo dal suo predecessore, Walter Cronkite), il 73enne Rather potrebbe tranquillamente pensionarsi. Come sperano in silenzio tanti suoi possibili successori, alla Cbs e fuori. Ma non ora, sull'onda dell'onta, ribattono in Cbs.
Quella di Rather pero' rischia di trasformarsi in un'imbarazzante agonia. Jon Stewart, il comico del canale Comedy Central fresco di premio Emmy (l'Oscar tv) che prende in giro ogni sera alle 23 la prosopopea di certi "monumenti" del giornalismo, martedi' ha scherzato crudelmente sull'attempata star della Cbs. Dialogo con un suo sconclusionato 'esperto': "Dopo il falso di Rather Cronkite si rivolta nella tomba" "Ma Cronkite e' ancora vivo!" "No, e' morto" "E quali sarebbero le sue fonti?" "Ma la Cbs, naturalmente..."
Tempesta anche fra Rather e i suoi vecchi colleghi ultrasettuagenari Morley Safer e Mike Wallace di "60 Minutes", che e' il programma giornalistico tv piu' visto d'America: ogni domenica alle 19 una quindicina di milioni di aficionados incollati al video. "I nostri standard non avrebbero permesso un infortunio del genere", ha commentato acido Safer. La bufala infatti e' andata in onda nel "60 Minutes" del mercoledi', proprieta' privata di Rather.
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