Ciagate: giornaliste Usa
CIAGATE DELLE GIORNALISTE SUL SOFA'
Storia della colonna avvelenata
Maureen Dowd editorialista del N.Y.Times very "embedded"
quotidiano PuntoCom, pagina 2, mercoledi 2 novembre 2005
E’ probabilmente la persona che ha fatto di più per convincere l’America ad attaccare l’Iraq. Perchè metà degli statunitensi, i votanti per George Bush junior, non avevano certo bisogno dei suoi articoli: erano già sicuri che la guerra fosse giusta. Ma l’altra metà, i democratici liberal per i quali il New York Times è il vangelo, sono rimasti assai colpiti dalle decine di inchieste scritte nel 2002-2003 da Judith Miller, 57enne reporter del quotidiano newyorkese, sulle armi di distruzione di massa che sembravano in possesso di Saddam Hussein: «Se lo scrive perfino il Times...», allargavano le braccia gli scettici. E la Miller vinceva premi Pulitzer.
Quasi tutto falso, si è scoperto poi: Judith Miller basava i propri resoconti sulle bufale che l’esiliato iracheno Ahmed Chalabi le raccontava. Una di queste riguardava una partita di uranio che Saddam avrebbe cercato di acquistare in Niger. Per verificarla, la Cia manda l’ex ambasciatore Joseph Wilson in Niger: lui conclude che si tratta di un’invenzione. Ciononostante, nel suo discorso inaugurale del 2003, preannunciando la guerra contro l’Iraq, il presidente Bush insiste sulla storia dell’uranio.
Conquistata Bagdad senza trovar traccia di armi di distruzione di massa, Wilson accusa Bush sul New York Times di aver mentito al Paese. La vendetta arriva immediatamente: un columnist di destra, Robert Novak, rivela che Wilson è sposato con Valerie Plame. E che la Plame - la seconda donna di questa storia - è una spia della Cia.
Chi ha soffiato il suo nome a Novak? Il procuratore Patrick Fitzgerald, incaricato dalla Cia di scoprirlo, ha un forte sospetto non corroborato da prove. Però incrimina Lewis Libby, capo di gabinetto di Cheney, per falsa testimonianza. Judith Miller quest’estate ha scontato quasi tre mesi di carcere perchè non voleva rivelare che Libby le aveva parlato della Plame. Il principio di non dire i nomi delle proprie fonti è sacro per i giornalisti, la Miller ridiventa un’eroina e il New York Times le dedica una dozzina di ammirati editoriali.
Ora però si scopre che l’automartirio della Miller non era per proteggere la libertà di stampa, ma l’amico Libby. E qui entra in scena la scorsa settimana una terza donna: Maureen Dowd, editorialista principe del New York Times, 53 anni, ex fidanzata di Michael Douglas. La Dowd in una sua column chiede praticamente il licenziamento della Miller.
Ma a questo punto una quarta donna, la commentatrice del quotidiano concorrente New York Post Andrea Peyser, per solidarietà politica (di destra), si mette a elencare in un articolo tutti gli amanti della Dowd, rinfacciandole di essere stata anche molto amica dell’editore del New York Times, Arthur Sulzberger junior.
Insomma, accanto allo scandalo politico si dipana uno scandalo a base di divani alimentato da invidie e gelosie muliebri. Commenta sconsolata Myrna Blith, già direttrice del vendutissimo mensile Ladies Home Journal e autrice del libro “Come le giornaliste vendono infelicità alle donne americane”: «Assistiamo a una deplorevole lite fra ragazzacce a livello di mensa scolastica. Maureen che accusa Judith di divismo, è come il bue che dà del cornuto all’asino...»
Contrariamente al Watergate, in questo Ciagate la parte degli eroi non spetta certo ai giornalisti...
Barbara Ragazzon
Storia della colonna avvelenata
Maureen Dowd editorialista del N.Y.Times very "embedded"
quotidiano PuntoCom, pagina 2, mercoledi 2 novembre 2005
E’ probabilmente la persona che ha fatto di più per convincere l’America ad attaccare l’Iraq. Perchè metà degli statunitensi, i votanti per George Bush junior, non avevano certo bisogno dei suoi articoli: erano già sicuri che la guerra fosse giusta. Ma l’altra metà, i democratici liberal per i quali il New York Times è il vangelo, sono rimasti assai colpiti dalle decine di inchieste scritte nel 2002-2003 da Judith Miller, 57enne reporter del quotidiano newyorkese, sulle armi di distruzione di massa che sembravano in possesso di Saddam Hussein: «Se lo scrive perfino il Times...», allargavano le braccia gli scettici. E la Miller vinceva premi Pulitzer.
Quasi tutto falso, si è scoperto poi: Judith Miller basava i propri resoconti sulle bufale che l’esiliato iracheno Ahmed Chalabi le raccontava. Una di queste riguardava una partita di uranio che Saddam avrebbe cercato di acquistare in Niger. Per verificarla, la Cia manda l’ex ambasciatore Joseph Wilson in Niger: lui conclude che si tratta di un’invenzione. Ciononostante, nel suo discorso inaugurale del 2003, preannunciando la guerra contro l’Iraq, il presidente Bush insiste sulla storia dell’uranio.
Conquistata Bagdad senza trovar traccia di armi di distruzione di massa, Wilson accusa Bush sul New York Times di aver mentito al Paese. La vendetta arriva immediatamente: un columnist di destra, Robert Novak, rivela che Wilson è sposato con Valerie Plame. E che la Plame - la seconda donna di questa storia - è una spia della Cia.
Chi ha soffiato il suo nome a Novak? Il procuratore Patrick Fitzgerald, incaricato dalla Cia di scoprirlo, ha un forte sospetto non corroborato da prove. Però incrimina Lewis Libby, capo di gabinetto di Cheney, per falsa testimonianza. Judith Miller quest’estate ha scontato quasi tre mesi di carcere perchè non voleva rivelare che Libby le aveva parlato della Plame. Il principio di non dire i nomi delle proprie fonti è sacro per i giornalisti, la Miller ridiventa un’eroina e il New York Times le dedica una dozzina di ammirati editoriali.
Ora però si scopre che l’automartirio della Miller non era per proteggere la libertà di stampa, ma l’amico Libby. E qui entra in scena la scorsa settimana una terza donna: Maureen Dowd, editorialista principe del New York Times, 53 anni, ex fidanzata di Michael Douglas. La Dowd in una sua column chiede praticamente il licenziamento della Miller.
Ma a questo punto una quarta donna, la commentatrice del quotidiano concorrente New York Post Andrea Peyser, per solidarietà politica (di destra), si mette a elencare in un articolo tutti gli amanti della Dowd, rinfacciandole di essere stata anche molto amica dell’editore del New York Times, Arthur Sulzberger junior.
Insomma, accanto allo scandalo politico si dipana uno scandalo a base di divani alimentato da invidie e gelosie muliebri. Commenta sconsolata Myrna Blith, già direttrice del vendutissimo mensile Ladies Home Journal e autrice del libro “Come le giornaliste vendono infelicità alle donne americane”: «Assistiamo a una deplorevole lite fra ragazzacce a livello di mensa scolastica. Maureen che accusa Judith di divismo, è come il bue che dà del cornuto all’asino...»
Contrariamente al Watergate, in questo Ciagate la parte degli eroi non spetta certo ai giornalisti...
Barbara Ragazzon
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