Thursday, October 28, 2004

Dagospia 28/10/2004

DUELLO GIORGIO ARMANI-ANNA MOLINARI A NEW YORK
Saranno Michelle Pfeiffer e Martin Scorsese a consegnare a Giorgio Armani il 21esimo "Superstar Award" del Fashion Group International stasera, giovedi' 28 ottobre a New York. La cerimonia, cui partecipano Anna Wintour direttrice di Vogue, Julie Andrews, Kate Hudson, Stella McCartney, Usher, Heidi Klum col suo Seal e Marc Jacobs, si tiene nel grande salone dei Gala di Cipriani sulla 42esima Strada.
Intanto, martedi' 26 l'immarcescibile Giorgi-oh! - come l'ha soprannominato il quotidiano New York Post - ha incantato i suoi fans con una costosissima sfilata sul molo dove di solito attracca il transatlantico Queen Mary. Fra i modelli, anche Ricky Martin.
Contemporaneamente un'altra stilista italiana - Anna "Blumarine" Molinari - allietava un centinaio di propri aficionados statunitensi con un lussuosissimo ricevimento nella Rainbow Room di Cipriani, all'ultimo piano del grattacielo piu' alto del Rockefeller Center. Dopo una sfilata nei grandi magazzini Saks sulla Quinta Avenue, il bel mondo di Manhattan - fra cui Charles Rockefeller, Beatrice Borromeo, Tony Verga (Rizzoli) - si e' attovagliato in un tripudio di rose e candele, godendo di un panorama mozzafiato. Molti i giornalisti italiani e statunitensi che si sono dovuti dividere fra i due eventi, in concorrenza per la stessa serata

CONTRO IL DIVIETO DI FUMO, SPEAKEASY COME NEGLI ANNI VENTI
Il divieto talebano di fumo a New York imposto dal sindaco Michael Bloomberg sta provocando le stesse reazioni che si ebbero negli Usa durante il proibizionismo degli anni '20 contro l'alcol: il dilagare di locali nascosti o privati dove allora si beveva, e oggi si fuma. Il metodo piu' usato e' quello dei parties semiprivati, pubblicizzati via internet. Come quello organizzato dal finanziere italiano Gianluca Galletto (coordinatore dell'Ulivo e dei Ds a New York) poche sere fa, negli Eye Studios di Chelsea. Trecento fortunati hanno potuto bere, ballare e fumare fino alle tre di notte. Fra i presenti, molto ammirati la bella giornalista Monia Venturini (moglie di Gerardo Greco, inviato del Tg2) e lo scienziato Andrea Califano, nominato da poco responsabile della ricerca sul genoma alla Columbia University.

HUGO BOSS: GALA AL GUGGENHEIM
Non capita spesso che il prestigioso Guggenheim Museum di New York conceda ospitalita' a case di moda. Le polemiche suscitate dalla mostra su Armani si ricordano ancor oggi. Ma il 9 novembre la tedesca Hugo Boss (gruppo Marzotto) presentera' i vincitori del concorso artistico che sponsorizza generosamente ogni due anni. Un matrimonio moda-arte-cultura gestito con intelligenza dal direttore del Guggenheim, Thomas Krens e dalla sua assistente italiana, Pepi Marchetti Franchi.

DI PIETRO E BEHA, OGNISSANTI A MANHATTAN
Lunedi' prossimo, primo novembre, Antonio Di Pietro e Oliviero Beha affronteranno in accoppiata il pubblico americano nella facolta' d'italiano alla New York University, nella Casa Zerilli-Marimo'. Beha presentera' il suo libro "Sono Stato io".

Thursday, October 21, 2004

Dagospia 21 ottobre 2004

USA E RIUSA

Barbara Ragazzon

1) Folla selezionata ieri sera da Bergdorf Goodman sulla Quinta Avenue di Manhattan per l'anteprima del libro di Tom Ford edito da Rizzoli, che sara' in vendita dal primo novembre nelle librerie. La rentree dell'ex stilista Gucci e' stata salutata dagli amici piu' stretti, fra i quali Anna Wintour, l'attrice Nina Gershon, il parrucchiere delle star Frederick Fekkai e anche qualche italiano: Stefani Tonchi, style editor del New York Times, Simona Vigna del Magazine del Corriere della Sera e Marco Ausenda, presidente di Rizzoli International. Tutte le vetrine di Bergdorf, i grandi magazzini piu' chic di new York, sono dedicate al libro, che e' stato stampato in due versioni: la normale in copertina nera da 125 dollari, e l'edizione bianca di lusso a 350 dollari. Tiratura: 12mila copie in tre lingue (inglese, francese, tedesco). Tom Ford ha firmato felice decine di copie del libro, che per dieci giorni puo' essere acquistato solo da Bergdorf.

2) Incredibile: in tutta la sua carriera Ray Charles non aveva mai conquistato un disco di platino (un milione di copie vendute). C'e' riuscito per la prima volta dopo la sua morte lo scorso giugno: il postumo "Genius Loves Company" ha superato la barriera in sole sei settimane

3) C'era anche il sindaco di New York Michael Bloomberg alla vernice della mostra newyorkese della pittrice italiana Ines Theodoli a Chelsea

4) Grande attesa per l'annuale Gran Gala della moda durante il quale ogni ottobre il Fashion Group International incorona a New York una star. Quest'anno e' la volta dell'eterno Giorgio Armani, che il 28 ottobre verra' premiato nella grande sala dei banchetti di Cipriani sulla 42esima Strada. Riconoscimenti minori andranno a Marc Jacobs, Stella McCartney ed Helmut Lang. Nel 2002 era stato onorato Roberto Cavalli, l'anno scorso Demi Moore e Uma Thurman avevano consegnato l'award a Donna Karan.

Saturday, October 02, 2004

Dibattito Bush-Kerry

SPECIALE ELEZIONI USA

Kerry uccide Bush, sondaggi impietosi

PuntoCom, sabato 2 ottobre 2004

L'IMBARAZZO È STATO PALPABILE fra i commentatori tv americani subito dopo la fine del dibattito. John Kerry ha vinto così nettamente, che qualsiasi ricamo sulla sconfitta di George Bush junior sembrava un impietoso infierire. George Stephanopoulos della Abc, conduttore del talk show politico della domenica mattina sul network della Disney, aveva paura di apparire per quello che è, cioè l'ex addetto stampa di Bill Clinton, e quindi si sforzava di imputare la disastrosa performance del presidente al suo "nervosismo". Alla "rabbia" di Bush ha dovuto ricorrere anche Tony Snow, lo schieratissimo anchorman filorepubblicano di Fox News: «Purtroppo mentre Kerry parlava l'altra telecamera inquadrava un uomo che non sapeva mascherare il suo disappunto».

Fortunatamente per tutti gli impettiti ma impediti anchormen (da Tom Brokaw a Walter Jennings) paurosi di apparire "partisan" azzardando commenti personali, soprattutto dopo l'infortunio di Dan Rather della Cbs, un quarto d'ora dopo la fine del dibattito sono usciti i primi sondaggi. Quello Gallup/Cnn ha dato Kerry vincente 53 a 37, quello Abc 45 a 36 e quello Cbs (condotto via Internet su 200 indecisi) 43 a 28. Si tratta di sondaggi dalla dubbia validità scientifica, soprattutto quello Cbs, ma sono serviti a "sbloccare" i commentatori sbigottiti per la povera prestazione di Bush, che da quel momento potevano nascondersi dietro a "dati di fatto".
Secondo Dick Morris, ex consulente di Clinton, Bush è stato "ripetitivo, debole, spaesato. Salvo solo gli ultimi due minuti, gli altri 88 sono stati disastrosi". Morris però non salva neanche Kerry: «Come fa a dire contemporaneamente che la guerra in Iraq è stata completamente sbagliata, ma che con lui può essere vinta? E come può pensare di affrontare la crisi atomica con la Corea del Nord senza coinvolgere la Cina?».
Peggy Noonan, la leggendaria speechwriter di Ronald Reagan, ammette che Kerry era il più concentrato, e che «martellava incessantemente. Pero' anche quattro anni fa Bush contro Gore apparve meno agile dialetticamente, ma degno di rispetto
e anche di simpatia perché rappresentava il cittadino qualunque». Il cittadino un po' ignorante che dopo quattro anni di presidenza ancora si impappina, sbagliando il nome del capo cinese ("Jiang Zimen" invece che "Jang Zemin"), mentre Kerry ha brillato con frasi tipo «Invadere l'Iraq per combattere Al Qaeda è come se avessimo invaso il Messico per combattere i giapponesi dopo Pearl Harbor». Ma il sondaggio Gallup/Cnn conferma l'impressione della Noonan: quanto a simpatia Bush ha battuto Kerry 48 a 41.
Il senatore repubblicano John McCain ha dovuto ammettere con Larry King della Cnn che «Kerry ne è uscito bene, anche se non ha dissipato le sue contraddizioni sull'Iraq». L'ex sindaco di New York Rudy Giuliani, pure lui un supporter di Bush, è andato "in partibus infidelium", cioè ospite del talk show satirico di Jon Stewart (una specie di Daniele Luttazzi), e ha detto che «Bush ha parlato al popolo americano, mentre Kerry ha tenuto una conferenza». Per il generale Alexander Haig, ex segretario di stato di Reagan, c'è stato "un pareggio". Secondo un altro commentatore conservatore, Robert Novak, per ribaltare i sondaggi negativi Kerry in questo dibattito avrebbe dovuto assestare un colpo da ko, ma non c'è riuscito. Insomma, ha vinto ma non abbastanza.

In effetti, questo primo scontro ha regalato ai due contendenti l'audience più ampia di tutta la campagna elettorale: secondo il Los Angeles Times l'ha seguito l'88 per cento dei possibili votanti (cioè la metà degli statunitensi, perchè gli altri, quelli che si astengono, i dibattiti non li guardano proprio), e uno su cinque ha detto che il dibattito influirà sul proprio voto. Il neoconservatore John Podhoretz prende in giro John Kerry che ha chiamato l'ex quartiere generale del Kgb a Mosca "Treblinka" (come il lager nazista) invece di Lubianka. «E poi non è vero che durante la Convenzione repubblicana a New York un mese fa la metropolitana ha dovuto essere chiusa, come ha detto il candidato democratico», aggiunge. «Comunque il confronto è stato noioso», accusa, «e il fattore noia gioca a sfavore di Kerry. A Bush per vincere basta rassicurare la propria base, è lo sfidante che dovrebbe attaccare e far gol. Col pareggio passa il presidente». «No, Kerry ha vinto ai punti», ammette un altro neocon, Bill Kristol, «ma ora bisogna vedere se questo gli basterà per recuperare lo svantaggio del 5-6 per cento che tutti i sondaggi delle ultime settimane gli attribuivano. Io non credo, penso solo che avremo una lotta all'ultimo voto».

Il New York Times scrive nel suo principale editoriale di ieri che Kerry è apparso più "presidenziale", mentre Bush sembrava «petulante e ripetitivo: lui si rivolge al cuore, Kerry al cervello». In effetti, qualcuno ha calcolato che il presidente ha pronunciato sette volte la frase
"it's a hard work" (è un duro lavoro) per giustificare il perdurante casino in Iraq, e che ha accusato ben sei volte Kerry di mandare "il segnale sbagliato" ai terroristi e agli alleati, quando parla di un ritiro da Bagdad. Alessandra Stanley, critica televisiva del quotidiano newyorkese, rileva che «il linguaggio del corpo mostrato da Bush mentre parlava Kerry era quello stizzoso di un pretendente alla presidenza, non di un presidente sicuro di sé».
Il quotidiano New York Sun nota come Kerry abbia cercato di appropriarsi dell'eredità del presidente Bush senior quando lo ha lodato
per non aver invaso l'Iraq nel 1991, e perfino di quella di Reagan, citato positivamente. Secondo Dan Balz del Washington Post «raramente le differenze fra due uomini, e fra le loro proposte per il Paese, sono state espresse più chiaramente e appassionatamente».

BARBARA RAGAZZON

Friday, October 01, 2004

Newsweek e Time

per il quotidiano puntocom

PARLIAMO D'ALTRO: DYLAN
Questa settimana Newsweek compie una scelta che fa discutere. Mette in copertina Bob Dylan, che ha l'autobiografia in uscita il 12 ottobre. L'anteprima e' succulenta, ma egualmente con tutto quello che sta succedendo in Iraq e a un mese dal voto presidenziale, si tratta di una decisione abbastanza eccentrica. Anche perche' il settimanale puo' vantare uno dei migliori commentatori di politica estera degli Stati Uniti, il quarantenne kissingeriano Fareed Zakaria (direttore dell'edizione internazionale, autore del libro "Il futuro della liberta'" pubblicato in Italia da Rizzoli), il quale proprio in questo numero si produce nella brillante inchiesta d'apertura su, appunto, Iraq ed elezioni. Newsweek pero' non ha il coraggio di infliggere Dylan in copertina anche al resto del mondo, e lo limita all'edizione domestica. Per le tre edizioni internazionali (Europa, Asia, Sudamerica) opta per un altrettanto disimpegnato "La scienza di mente & corpo". Tuttavia, se il cantautore 63enne dovesse riuscire ad aggiudicarsi il Nobel della letteratura (il vincitore verra' annunciato la prossima settimana), al quale e' candidato ormai da anni, per Newsweek sara' una scommessa vinta.

TIME IMPEGNATO
Scelta coraggiosa invece per il settimanale concorrente Time, che mette il Sudan in copertina su tutte le sue edizioni (tranne quella del Pacifico, dedicata al terrorismo in Indonesia). Sui media statunitensi di destra il Sudan viene citato sempre piu' spesso come esempio dell'inanita' dell'Onu: "Ci accusano di unilateralismo in Iraq, ma vedete che disastri succedono quando l'America non interviene?", e' il ritornello dei commentatori repubblicani. E sabato scorso anche David Brooks, l'intelligente editorialista conservatore del New York Times (l'unico con William Safire a bilanciare i vari anti-Bush Kristof, Dowd e Krugman), ha criticato l'inazione delle Nazioni Unite in Sudan. Quanto al terzo newsmagazine statunitense del lunedi', U.S. News and World Report, conferma la propria inutilita' dedicando la copertina a un'inchiesta sugli indiani d'America.

TRILOGIA BUSHIANA CON O'REILLY DI FOX
E' iniziata lunedi' sera un'interminabile intervista-soffietto in tre puntate al presidente George Bush junior da parte di Bill O'Reilly, campione del canale Fox News (proprieta' Rupert Murdoch), forsennatamente repubblicano. O'Reilly, che e' anche autore di best-seller politici, e' il piu' aggressivo fra i commentatori della sera della Fox, tanto che il suo talk show O'Reilly Factor delle ore venti viene sempre replicato alle 23. Il suo slogan ufficiale e' "fair and balanced", ma la sua obiettivita' risulta "equa e bilanciata" quanto quella di un Michael Moore, sul fronte opposto.

Barbara Ragazzon